Tutti se lo sono chiesti almeno una volta. Come fece la città di Roma, nata come un piccolo gruppo di insediamenti nel centro Italia, a diventare la sede del più potente impero che il mondo occidentale abbia mai conosciuto?
Gli archeologi provano a rispondere in parte a questa domanda esplorando l’antico porto che un tempo serviva la capitale: Portus (da cui deriva il nome italiano di porto).
Situato 20km ad sud ovest di Roma, fu fatto erigere per volontà dell’imperatore Claudio, ma fu terminato solo sotto il regno di Nerone. Nel corso del tempo ricevette continui aggiornamenti, il più grande dei quali voluti da Traiano. Operativo fino al IV secolo, cadde in disuso nel corso del dominio gotico sulla penisola. Oggi il sito è oscurato dai campi agricoli, dalla vegetazione dalle costruzioni moderne, come quella dell’aereoporto di Fiumicino. Nonostante sia interrato per via l’allontanamento delle acque del Mediterraneo dalle coste, Portus nasconde una chiave di volta nell’evoluzione dell’antica città. Al massimo della sua attività lavorava come un vero e proprio hub dell’epoca; qui sbarcavano merci da tutto l’impero, tra cui il grano delle province, necessario per garantire stabilità e prosperità alle istituzioni romane.
Roma, con l’ingrandirsi dell’impero, divenne una città sempre più popolosa, necessitava di una quantità di derrate alimentari e merci enorme, considerando che secondo alcune fonti arrivò a toccare una popolazione di 2 milioni di persone, diventando una vera e propria megalopoli dell’antichità. La concessione al popolo della città di cibo gratuito, come il pane, ed in seguito anche la carne (oltre ad un prezzo politico del vino), costrinse gli imperatori ad assicurare alla città un rifornimento costante, un compito assolvibile solo grazie ad un grande porto degno di una capitale e a cui romani provvedettero a costruire.
L’archeologo Simon Keay ha rivelato che: “Le fortune della città sono indissolubilmente legate ad al porto, il cui ruolo è difficilmente sopravvalutabile”. Il sito archeologico avrebbe solo recentemente acquisito un’importanza mai vista prima, da dieci anni a questa parte Portus è infatti al centro di un progetto ambizioso che ne sta riscoprendo la grandezza e il rapporto con Roma. La ricerca è italo-inglese e coinvolge il “Kingdom’s Arts and Humanities Research Council”, il “British School at Rome”, l’università di Cambridge la sopraintendenza archeologica di Roma.
Sempre secondo Simon, il porto permetteva alla città di lavorare: “se la città lavorava a pieno ritmo, lo doveva fare anche Portus”.
Una delle principali difficoltà per gli archeologi, scrive archaeology news, è stata quella di affrontate oltre alle dimensioni del sito, la sua complessità. Portus non era solo un bacino navale; intorno si svilupparono strade, templi, edifici abitativi; si trattava insomma di una città “viva” e prospera.
“Metodologicamente, la strategia impiegata combina elementi di larga scala, con lavori di tipo estensivo – usando ogni tecnica geofisica e topografica – e con metodologie di scavo legate ad aree invece più concentrate” dice sempre Keay.
L’area di scavo si presenta oggi dunque come una grande miniera preziosa da cui speriamo che presto gli archeologi, i nostri minatori, potranno portare alla luce tesori nascosti e altre prove della grandezza dell’antica civiltà romana.
Articolo di Stefano Borroni
fonte:http://www.archaeology.org/issues/168-1503/features/2971-rome-portus-rise-of-empire