
La piastrina riconoscitiva – ANSA
Come per tanti dei ragazzi partiti tra il 1941 e 1942 per la Russia – allora Unione Sovietica – e mai più tornati, la storia di Giuseppe Perotti ci racconta ancora una volta di quei volti perduti nel gelido freddo delle steppe russe.
Originario della provincia di Cuneo, aveva solo 23 anni e risultò ufficialmente disperso durante la ritirata di Russia, iniziata il 13 gennaio del 1943. Era tra i 200.000 uomini partiti per il fronte orientale che componevano l’Armir, l’ottava Armata italiana in Russia (in precedenza Csir, il Corpo di spedizione italiano in Russia); solo la metà di loro riuscì a far ritorno in Italia. Circa 75.000 uomini morirono nel corso della campagna, mentre 26 mila furono rimpatriati per ferite o congelamenti.
Quando l’offensiva sovietica sfondò le linee dell’Asse ed accerchiò la sesta armata tedesca a Stalingrado, dopo una vana resistenza da parte anche delle nazioni alleate della Germania (tra cui Ungheria e Romania) incominciò una vera e propria lotta per la sopravvivenza. I soldati, incalzati dagli assalti dell’Armata Rossa e dai partigiani sovietici, dovettero innanzitutto resistere al freddo – con temperature di diverse decine di gradi sotto lo zero – con gli scarsi equipaggiamenti di cui disponevano.

Fronte orientale, novembre 1942 – marzo 1943
Giuseppe Perotti apparteneva alla 21a compagnia del battaglione Saluzzo, II Reggimento alpini. Di lui non resta che un nome; nessun corpo, nessuna tomba ne tanto meno una data in cui morì. Tutto questo però fino a quando Roberto Venturini, trentenne di Rivignano (Udine), anche lui un alpino, ha ritrovato su un sito internet russo la piastrina del soldato. Come tanti che hanno sentito le storie raccontate dai propri nonni, Roberto aveva deciso di ricercare un altro di quei nomi dispersi in Russia, un amico di suo nonno.
In questi anni ha cercato sempre di raccogliere reperti storici da consegnare ai parenti lontani delle vittime, anche se ormai il tempo che ci separa dalla seconda guerra mondiale è sempre più suo nemico. Sono passati 70 anni ed è sempre più difficile trovare parenti vicini alle vittime. In questo caso infatti, nonostante le ricerche di parentela, non sono stati trovami legami familiari con il defunto. Per questo motivo la sua targhetta è stata momentaneamente data in custodia al comune di Barge.
Articolo di Stefano Borroni
L’ha ribloggato su Centro Studi e Ricerche della Pianura Veronese.
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