Le legioni furono la colonna vertebrale dell’impero romano. Ma come si diventava legionari e quali requisiti bisognava superare per far parte delle forze armate di Roma?
L’esercito di Roma si modificò continuamente nei secoli; solamente dopo la riforma militare voluta da Gaio Mario, in età repubblicana, nacquero le vere e proprie legioni a cui siamo soliti pensare.
La leva volontaria da questi introdotta fece infatti diventare i soldati veri e propri professionisti nel mestiere delle armi. Certo, in caso di necessità si ricorreva alla coscrizione forzata (almeno fino al III secolo d.C.). Le regole di seguito riportate sono generali ed è inutile negare che in diversi casi furono infrante soprattutto per favorire chi godeva di appoggi importanti (le famose raccomandazioni).

La vittoria di Gaio Mario contro i Cimbri. Dopo la sua rinforma militare l’esercito romano cambiò per sempre volto – quadro di Francesco Saverio Altamura (1863)
Solo “incensurati” e romani
Per diventare legionari occorreva essere in primo luogo cittadini romani e non esser schiavi (i liberti, cioè gli schiavi che avevano conquistato la libertà, non sempre erano ben accetti). Se volevate far parte dell’esercito ma eravate nati nelle province potevate entrare a far parte delle forze armate solo come ausiliari (si era chiamati in questo peregrini). Questa importante distinzione fu però eliminata nel 212 d.C. quando l’imperatore Caracalla concesse attraverso un editto la cittadinanza a tutti gli abitanti dell’impero. Non fu raro comunque il caso di provinciali cui fu concessa la cittadinanza nell’immediato per motivi di impellente necessità[1].
Se la cittadinanza era aggirabile, non così invece era per la condizione di uomini liberi. Criminali, disertori e schiavi non erano accettati, anche se l’inesistenza di documenti ufficiali che dimostrassero la propria condizione rendeva difficile stabilire se qualcuno stesse dicendo il vero o il falso. Regole molto meno ferree invece sappiamo erano utilizzate per reclutare i marinai, i cui posti erano in genere meno ambiti per ovvi motivi (provate voi a remare per tutto il Mediterraneo)
Ci vuole un fisico bestiale..
I romani non erano certo conosciuti per la loro particolare elevazione fisica; rispetto all’altezza media ad esempio dei germani erano più piccoli. Per accedere all’esercito l’antico storico Vegezio riporta, probabilmente esagerando, che le reclute devono essere alte almeno 1,77 metri (6 piedi) anche se spesso si accettano anche fino a 1,72. Il codice Teodosiano, molto più tardi, abbasserà i requisiti a 1,65 a causa della sempre crescente scarsità di manodopera. Non un caso se nello stesso periodo ovviamente nell’esercito vengono arruolati sempre più militi barbari.
La legione I Italica incarnava perfettamente i requisiti descritti molto più tardi da Vegezio. Creata per volontà di Nerone nel settembre del 66 d.C. venne da lui stesso definita orgogliosamente: “la falange di Alessandro Magno”. Una legione che, trattandosi di un corpo scelto, molto difficilmente poteva essere replicata in tutto l’impero.
Vegezio si spinge a ribadire che comunque qualche centimetro in meno non dovrebbe escludere dalla selezioni, qualora il candidato sia forte ed intelligente. Diversi elementi sono segni di valore in un uomo: sguardo sveglio, capo eretto, ampio petto, braccio forte, pancia piatta, natiche piccole [2]. Lo stesso autore si spinge in bizzarre osservazioni riportando come si debbano preferire uomini che praticavano mestieri virili, come il fabbro e il cacciatore, preferibili rispetto ad esempio a chi pratica la pesca.
L’età ideale per arruolarsi oscilla tra i 17 e i 23 anni. La carriera dura infatti tra i 20 e 25 anni. Arruolarsi a più di 30 anni significa il rischio di diventare veterani a 60 e non riuscire a godersi il frutto del proprio lavoro.
..Ma non solo
Importante era anche la conoscenza del latino e del greco, lingue utilizzate dall’esercito per comunicare. L’esercito era il primo luogo all’interno della quale avveniva la famosa romanizzazione. Come scrive lo storico Alessandro Barbero non è un caso che ad esempio:
“l’analisi delle guarnigioni africane (…) illustra gli effetti di questa progressiva romanizzazione (…) lo stesso vale per quelli che ostentano nomi un po’ troppo romani, come quel centurione che nel 202-205 d.C. si fa chiamare Tullio Romolo (…) il latino che scrivono è una lingua imparata; eppure la loro romanizzazione è indiscutibile in quanto membri dell’esercito (…). Nel 222, il comandante della guarnigione di Bu-Ngem si chiamava Marco Porzio Iasuchtan; eppure quest’uomo scrisse un poema diritambico in versi latini in lode della III legione [3]
Il viaticum, il “pocket-money” della recluta
A questo punto non si è ancora del tutto dei veri e propri legionari. La selezione permette all’esercito di capire chi è adatto a servire e chi no. Le dure esercitazioni che seguono invece dovranno mettere a dura prova il candidato e la sua volontà. La guerra non è un gioco neppure per i romani..
Per questo motivo le reclute sono sottoposte ad un duro periodo di allenamento. Gli viene consegnata una piccola quantità di denaro, in genere 75 denarii, con la quale il neo-soldato dovrà mantenersi sino all’arrivo nell’accampamento in cui è stato destinato.
Lo storico Flavio Giuseppe afferma chiaramente come le reclute vengano trasformate solo ora nei valorosi milites:
“Con l’esercizio militare i romani preparano non soltanto dei corpi robusti ma anche delle anime forti” [4]
Solamente qualora il soldato abbia imparato a nuotare, marciare per decine di chilometri sotto il peso dell’armatura, ed abbia imparato a combattere allora può diventare un legionario a tutti gli effetti (esisteva in realtà un’enorme varietà di mestieri all’interno dell’esercito, oltre al semplice ruolo di soldato di fanteria).
Il giuramento
Non sappiamo con esattezza quale discorso pronunciassero i legionari di fronte alle autorità, chiamato sacramentum o iusurandum.
Lo storico Livio riferisce che nel 216 a.C. i soldati giurarono fedeltà ai consoli (sembra episodio senza precedenti); in età imperiale invece il giuramento era riservato agli imperatori. Tacito ci riporta che nel 69 d.C. quando le legioni furono chiamate a prestare giuramento a Galba, proclamarono la propria fedeltà solamente al Senato e al popolo di Roma e si ribellarono all’imperatore . [5]
Raccomandati
Come detto inizialmente ci riferiamo a regole che l’esercito applicava a discrezione, in base alle necessità. Non solo però l’urgenza di reclutamenti portava al salto delle normali procedure di reclutamento.
Essere raccomandati da qualcuno, fenomeno molto diffuso in età romana, permetteva il salto immediato di carriera, le migliori posizioni e il comando. Più alta ovviamente la protezione, più alte le possibilità di raggiungere la vetta. Plinio il Giovane chiamò in causa niente meno che l’imperatore Traiano per raccomandare il figlio di un suo amico, a suo parere bravissimo ed intelligentissimo
Articolo di Stefano Borroni
Bibliografia
[1][2][4][5]Federica Guidi, il mestiere delle armi, Oscar Mondadori
[3]Alessandro Barbero, Barbari, Laterza Editori
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Adelaide grazie. Ti ammiro per quello che sai, perche lo ocndividi e per
come sei!
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