Le donne, i governi e la prostituzione: l’Età moderna (secoli XVI-XVIII)

Fra Tre e Quattrocento, in Europa, complessivamente le istituzioni adottarono una linea più elastica verso la prostituzione, soprattutto in Italia, Spagna e Francia.

Valeva il contrario nei confronti del peccato di sodomia, denominato “il vizio italiano” per la sua diffusione nella penisola – ma non solo. Basti pensare che in città come Bologna, nel 1288, mentre si riconosceva alle meretrici la possibilità di vivere all’interno delle mura, allo stesso tempo veniva previsto il rogo come pena per il reato di sodomia. Queste disposizioni, peraltro, rimasero in vigore fino all’ultimo Settecento.

Dalle prostitute di basso rango, le “donne comuni”, si distinguevano le cortigiane. Questa seconda categoria operava negli ambienti di corte e non concedeva i servizi in maniera indistinta, bensì ad un numero selezionato di uomini di alto rango e benestanti, da cui ricavava un certo prestigio.
Per poter affiancare questi uomini, le cortigiane dovevano essere non solo attraenti, ma anche abbastanza colte ed intelligenti da poter prendere parte insieme a loro alla vita di società, a feste e gare di erudizione o di eloquenza; ancora, dovevano saper cantare e suonare. Veniva in tal modo resa socialmente accettabile una categoria normalmente stigmatizzata.

A rappresentare un punto di svolta nella gestione dei bordelli pubblici, sin dal basso medioevo controllati e amministrati dalle autorità locali, furono due eventi: la diffusione della sifilide nell’ultimo Quattrocento e la Riforma protestante.

Nonostante le numerose leggende intorno alla sua origine, la sifilide comparve con certezza in Europa all’epoca delle Guerre d’Italia (1494-1559), tra i mercenari al servizio del re Carlo VIII di Valois (1483-1498) nel corso della sua discesa in Italia. La malattia era sessualmente trasmissibile, fatto che spinse molte autorità a disincentivare la frequentazione dei bordelli, anche ricorrendo alla loro chiusura. Alle prostitute ammalate di sifilide veniva proibita la prosecuzione dell’attività e, abbandonate, finivano per ingrossare lo strato sociale dei più poveri.

A Valencia, sede del Pobla de Bernard de Villa, il più grande bordello d’Europa, si decise di garantire visite mediche alle meretrici e di consentire il lavoro unicamente a coloro cui fosse stato rilasciato un certificato medico che ne attestava la buona salute. I limiti di questa strategia furono da subito evidenti, in quanto non venne mai messa in atto rigorosamente; solo nel Seicento inoltrato si iniziò a sottoporre queste donne a controlli più regolari.

Ingresso di Carlo VIII ed il suo esercito a Firenze nel 1494

Nonostante la sifilide avesse determinato un arretramento rispetto all’iniziale stimolo ad ampliare l’offerta di meretricio, un’ulteriore limitazione di questi servizi fu imposto dalle autorità dei paesi protestanti. La Riforma protestante, con la predicazione luterana, incise direttamente sul rapporto tra autorità cittadine e bordelli.

Lutero (1483-1546), monaco agostiniano e docente di teologia presso l’Università di Wittenberg, formulò una nuova morale sessuale, molto distante da quella cattolica: pur condannando strenuamente la sodomia, la sessualità era tuttavia considerata un fatto naturale, voluto da Dio per consentire la prosecuzione della specie umana; all’interno del matrimonio essa era perciò considerata positivamente, a discapito della castità. Inoltre, l’abolizione del celibato ecclesiastico rese legittimi il matrimonio e la famiglia per sacerdoti e parroci.
Non erano ammessi in alcun modo, tuttavia, la ricerca sfrenata del piacere e l’eccesso. I bordelli, che incentivavano queste tendenze, erano reputati fonte di immoralità e dunque contrari alla legge divina: dovevano essere chiusi immediatamente. L’esempio di Wittenberg, tra le prime città in Germania a indire la chiusura dei postriboli nel 1520, fu seguito in poco tempo da molte altre. È da notare come questa condotta venne riproposta anche in città dove i protestanti rappresentavano la minoranza.

Lutero e la sua famiglia

Nonostante tutto, le prostitute ed i bordelli continuarono ad essere presenti nella maggioranza delle realtà europee. Italia, Francia e Spagna, però, vissero esperienze assai diverse.

In Italia, con il Concilio di Trento (1545-1563) e la Controriforma si aprì una nuova fase politica, culturale e sociale, caratterizzata dal tentativo del papato di recuperare il controllo su qualsiasi forma di dissenso per rafforzare il proprio potere. Fu essenziale il ricorso al disciplinamento dei fedeli, uomini e donne, esteso ad ogni ambito della loro vita, pubblica e privata. Strumenti privilegiati del disciplinamento furono, oltre alla propaganda martellante, la confessione e il governo delle anime.

Malgrado ciò, non cambiò mai drasticamente il giudizio sui bordelli da parte delle autorità, questione che rimase tendenzialmente ignorata. Un cambiamento significativo, ma breve, si ebbe durante il pontificato di Pio V (1566-1572): a Roma le donne comuni vennero spostate all’Ortaccio di Campo Marzio, dove avrebbero dovuto vivere segregate, notte e giorno. Pio V avrebbe voluto, inoltre, che questa zona venisse circondata da mura, ma i lavori non furono mai portati a termine. Nessun altro papa riprese il suo severo progetto, mentre nel resto d’Italia continuava ad essere sempre più difficile tenere sotto controllo il dilagante fenomeno del meretricio, che venne progressivamente consentito anche al di fuori dei giorni e degli spazi previsti.

Tuttavia, per quanto continuasse vigere una certa elasticità, il tentativo di controllare le coscienze dei fedeli portò la Chiesa ad adottare una nuova strategia (sospesa solo con il pontificato di Pio V). Non si voleva solamente recuperare e riabilitare le peccatrici, persuadendole ad abbandonare il meretricio, ma anche e soprattutto prevenire l’aumento dell’offerta.
Sul piano della riabilitazione delle donne comuni, sorsero monasteri appositi per coloro che avessero voluto abbracciare una vita “onesta”. I Gesuiti ebbero un ruolo di rilievo: Ignazio di Loyola (1491-1556) fondò nel 1543 la Casa di Santa Marta, una delle “case di rifugio” che svolgevano funzioni di accoglienza alle meretrici pentite per un periodo limitato.
Sul piano della prevenzione, venne fondata la Confraternita delle Vergini Miserabili, pensata per le fanciulle tra i 10 e i 12 anni, figlie di prostitute, di cortigiane o di povere donne. Queste giovani venivano educate al ruolo di moglie, madre o suora e veniva conferita loro la virtù dell’obbedienza. Al termine degli anni di formazione avrebbero dovuto sposarsi o monacarsi.

Tra i maggiori istituti per fanciulle sole figurava poi la Compagnia di Sant’Orsola, fondata nel 1535 da Angela Merici, al servizio di giovani non protette dalla famiglia. Queste vivevano nelle proprie case, intervenendo attivamente nello spazio cittadino. Le Orsoline consolidarono nel tempo la vocazione assistenziale, perdurando da metà Cinquecento al Settecento inoltrato.
Da qui la diffusione dei “conservatori”, enti di natura privata ed istituiti per proteggere le giovani il cui onore o la cui reputazione fosse a rischio ed impedire loro di “perdersi”.

I conservatori, al di fuori dell’Italia, non ebbero grande diffusione. In Inghilterra si riteneva che questo progetto non fosse un progetto sociale serio; eppure, nel secolo XVIII anche l’Inghilterra si convinse della necessità di fondare nuovi istituti, le “Case di Maddalena”, come risposta all’insuccesso della politica repressiva condotta sino a quel momento.

In Francia, invece, prevalse una linea dura e repressiva. Il re Carlo IX di Valois (1560-1574), sotto la reggenza della madre, Caterina de’ Medici, varò nel 1560 una Grande Ordinanza che riprendeva l’antico progetto di Luigi IX del 1254, sancendo la chiusura dei bordelli e proibendo la prostituzione. Vi furono molte resistenze, ma i successivi sovrani perseverarono nell’obiettivo.
Solo nel Seicento si ebbe modo di varare riforme incisive: nel 1656 venne fondato a Parigi l’Hôpital général, nel quale venivano rinchiusi i più poveri, mendicanti, ladri e invalidi. Al suo interno vi era la Salpêtrière, che ospitava sia uomini che donne ed era dotata di una prigione, la Force, divisa in sezioni sulla base della gravità del reato. Lì vi furono rinchiuse prostitute di basso rango, condannate a pane e acqua e ad una vita di penitenza.

Prostitute che vengono condotte su un carro alla Salpêtrière, XVIII secolo

In Spagna, nel corso del Cinquecento si assistette ad un tentativo di cristianizzare le coscienze della popolazione, moralmente corrotta, e in questa strategia i Gesuiti ebbero un ruolo chiave. In riferimento ai bordelli, essi cercarono di ostacolarne il funzionamento: ad esempio, impedendo ai clienti di entrare o appendendo crocifissi sopra le porte.
Con la Prammatica del 1623, varata dal re Filippo IV (1621-1665), la Spagna adottò la via dell’intransigenza e i bordelli pubblici, tra mille resistenze, iniziarono ad essere chiusi. Il famoso Pobla di Valencia chiuse definitivamente nel 1664.

  • Qui il link per la prima parte dell’articolo, sulla storia della prostituzione nel Medioevo.

Per un approfondimento:
M. Barbagli, Comprare piacere. Sessualità e amore venale dal Medioevo a oggi, il Mulino, Bologna 2020.
O. Niccoli, Rinascimento al femminile, Laterza, Roma-Bari1991.
G. Zarri, Recinti. Donne, clausura e matrimonio nella prima età moderna, Il Mulino, Bologna 2000.


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