Quando l’impero romano fu venduto all’asta

Nella lunga storia dell’impero romano, iniziata sotto l’ascesa di Ottaviano Augusto e terminata 4 secoli dopo con la deposizione di Romolo Augustolo – almeno per quanto riguarda la sua parte occidentale gli episodi curiosi non mancano di certo.
Dopo la morte dell’imperatore Commodo, ucciso in una congiura, e il breve regno di Pertinace, durato appena 86 giorni , l’impero venne letteralmente venduto all’asta nel 193 d.C. al miglior offerente

Verso la fine del II secolo d.C. l’impero aveva raggiunto il culmine della propria potenza; la “dinastia degli antonini[1] aveva garantito un lungo periodo di pace e stabilità attraverso l’istituto dell’adozione. Gli imperatori erano nominati dai propri predecessori e scelti in base ai meriti spesso conquistati sul campo; il Senato si limitava sostanzialmente a fornire legittimità alla nomina, privato da molto tempo di reali poteri.
Il meccanismo sembrava funzionare ed aveva prodotto grandi imperatori come Adriano, Traiano e Marco Aurelio. Quando quest’ultimo nominò il suo successore e Co-Augusto il figlio Commodo la tradizione sembrò però interrompersi.
Commodo scomparve senza molti rimpianti, odiato dalla plebe e dall’aristocrazia (il suo nome fu fatto rimuovere dalla lista degli imperatori) per via dei suoi eccessi  – fece nominare Roma Colonia Commodiana dopo un incendio che devastò la città- e la mancanza di un erede finì col gettare l’impero in un’anarchia destinata a prolungarsi nel tempo.

La vera morte di Commodo

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Busto raffigurante l’imperatore Commodo (wikimedia)

Hollywood non è andata lontanissimo dal descrivere la realtà di quello che avvenne al figlio dell’imperatore filosofo Marco Aurelio dopo la morte del padre, seppure con le dovute importantissime eccezioni.

La prima differenza tra realtà e il film “il Gladiatore” è che Commodo proseguì le campagne militari del padre e riuscì ad ottenere diverse vittorie prima di morire.
Sono ovviamente i tanti nemici che si creò l’imperatore nei suoi dodici anni di regno (eh già, ben 12) a descriverne l’ambiguità. Certamente Commodo era un personaggio che rispetto alla moderazione del padre sembrava fatto di tutt’altra pasta. Mentre Marco Aurelio rifuggiva gli spettacoli tra gladiatori, Commodo amava al contrario fortemente i munera. Questa differenza aveva fatto nascere la voce che in realtà Commodo fosse figlio avuto dalla moglie di Marco Aurelio al di fuori del matrimonio, proprio con un grande campione dell’arena (termine che deriva tra l’altro da sabbia, proprio quella sui cui si combatteva)[2]. Pettegolezzi a parte fu proprio la passione per i giochi a contribuire alla morte di Commodo. Dopo esser tornato da una battuta di caccia Commodo, stanco e sporco, volle farsi un bagno caldo. Non si aspettava che i suoi “amici” avessero però preparato contro di lui un complotto. Mentre si trovava nella vasca l’amante Marcia gli offrì una coppa di vino avvelenata.
Per sua fortuna (dipende dai punti di vista) Commodo riuscì a rigettare l’intruglio – visto che i cospiratori avevano sbagliato dose –  stava quasi per reagire quando Narcisso, il suo istruttore fece il suo ingresso nella stanza e in virtù della sua posizione di vantaggio e della forza fisica lo strangolò “come se il suo collo fosse quello di uno struzzo”, almeno queste furono in seguito le sue parole con cui si vantò. Il corpo del defunto imperatore fu trascinato oltre le Mura e lasciato a decomporsi sulla terra, così come si usava fare per i delinquenti [3].
A questo punto la porpora fu offerta a Pertinace che in passato si era opposto a sostituirsi a Commodo con la violenza, ma ora fu quasi costretto ad accettare innanzi alle ormai note guardie pretoriane.

La guardia pretoriana

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La guardia pretoriana scova il futuro imperatore Claudio dietro una tenda e gli rende omaggio – Quadro di Lawrence Alma-Tadema (1867) – wikimedia

Ad approfittare della situazione è evidente a questo punto  che fu sopratutto la guardia pretoriana, organizzata da Augusto con lo scopo di difendere l’imperatore. In virtù della propria posizione, questo corpo ebbe sempre più buon gioco nella scelta dell’imperatore ed ad influenzarne le scelte politiche.

Era sempre la guardia pretoriana a favorire l’ascesa al trono di Claudio nel 41 d.C. (ovviamente dopo aver assassinato il suo predecessore Caligola) già in tempi meno burrascosi.
Il successore di Commodo, Pertinace, aveva commesso l’errore di non pagare un donativo promesso ed era stato per questo motivo “liquidato” dopo neanche tre mesi di regno e seppure stesse governando con saggezza. Visto che a reclamare la porpora imperiale erano più candidati, da una parte il prefetto di Roma e suocero di Pertinace, Tito Flavio Sulpiciano, e dall’altra Didio Giuliano, un ricco senatore proveniente dal nord della penisola, venne organizzata una vera e propria asta dalla guardia pretoriana.
Mentre Sulpiciano comunicava la propria offerta dall’interno dell’accampamento della guardia pretoriana, Didio Giuliano controbatteva dall’ingresso dello stesso.
Alla fine della giornata sembrava essere Sulpiciano il vincitore, avendo offerto ai pretoriani 20.000 sesterzi a testa (pari ad 8 anni di salario) quando però col un colpo di scena il suo rivale alzò l’offerta di 5000 sesterzi in una volta sola.
Così riporta lo storico romano Cassio Dione descrivendo l’impero romano venduto all’asta:
Sulpiciano era in procinto di vincere, visto che era dentro l’accampamento ed era il prefetto della città e fu il primo a promettere 20.000 sesterzi, se non che Giuliano alzò la sua offerta non di una piccola quantità, ma di 5000 in una sola volta, sia gridando con una forte voce sia indicando la quantità con le dita. Così i soldati, affascinati da questa offerta eccessiva e, allo stesso tempo temendo che potesse vendicare Sulpiciano Pertinace (un’idea che Giuliano mise in testa ai pretoriani), ricevettero Giuliano entro l’accampamento e lo dichiararono imperatore[4]
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Moneta raffigurante Didio Giuliano – wikimedia

Entrambi i candidati erano “rispettabili”, e la donazione ai pretoriani non sarebbe stata motivo di scandalo in tempi normali (anche Marco Aurelio al suo avvento aveva fatto un cospicuo donativo) ma la scelta dei pretoriani fu dettata sia per l’offerta maggiore, sia per il timore che Sulpiciano si sarebbe vendicato per la morte del suocero.
Così ad esser proclamato imperatore fu Didio Giuliano. Il rivale non fu giustiziato ma perdonato dal nuovo imperatore, motivo in più per credere nella nobiltà d’animo di questi uomini.
Il nuovo candidato fu sostenuto anche dal Senato, cui aveva perso però un’occasione per tornare a far sentire la propria voce, ma non dalle legioni di Roma e dal popolo, il quale lo accolse a sassate.
L’asta non era passata inosservata nel mondo romano e da ogni legione dislocata sulle frontiere dell’impero proveniva una diversa acclamazione imperiale. In sostanza il tentativo di evitare la guerra civile venne reso vano.
Le truppe in Siria ed Egitto proclamarono imperatore Aquino, quelle della Pannonia Lucio Settimio Severo mentre nelle Gallie Decimo Clodio Albino. Alla fine fu Settimio Severo ad avere la meglio, destinato a fondare la dinastia dei Severi, che sostituì quella antonina, ed a trasformare lo stesso impero da “principato” a “dominato”. L’impero diventava una monarchia assoluta la cui legittimità proveniva dall’esercito e non dal Senato e da Roma.
I pretoriani, vedendosi profilare la sconfitta, tradirono senza tanti giri di parole il proprio benefattore Didio Giuliano, decapitandolo all’interno dello stesso palazzo imperiale e nominando nuovo imperatore Settimio Severo.
Per Roma era definitivamente conclusa la grande epoca d’oro; la dinastia dei Severi non riuscì a “produrre” quegli stessi grandi imperatori che avevano esteso le conquiste della romanità. anche se Settimio Severo sembrò riuscire a garantire una nuova pax romana. L’estensione della cittadinanza a tutti i romani offerta in seguito da Caracalla pose sullo stesso piano gli abitanti dell’impero e diminuì l’affluenza di nuove leve nell’esercito, minando alla base quella che era la colonna portante della potenza romana.
La dinastia dei Severi si estinse ben presto, portando il mondo romano nel cosiddetto “periodo dell’anarchia militare”. Un’era dalla quale, se da un lato l’impero riuscì a sopravvivere tra mille difficoltà, dall’altra ne emerse profondamente cambiato.
Se da un lato la guardia pretoriana venne ridimensionata già dallo stesso Settimio che ne aveva intuito la pericolosità, dall’altra Roma venne sempre più lasciata in disparte sia per esigenze strategiche sia per la difficoltà per gli imperatori di resistere ai continui intrighi politici che si sviluppavano nell’Urbe, così quando Costantino agli inizi del IV secolo proclamò la fondazione di una nuova Roma (oggi Istanbul) l’impero di romano aveva sempre meno.

Articolo di Stefano Borroni

fonti e note

[1] la dinastia degli antonini, non è una vera e propria dinastia in senso stretto, Commodo ne fece parte, tuttavia con lui si estinse l’istituto dell’adozione a favore di quello ereditario

[2] Federica Guidi, Morte nell’arena – storia e leggenda dei gladiatori, Oscar Mondadori

[3] Antonio Spinosa, la grande storia di Roma, Oscar Mondadori

[4] http://www.livius.org/articles/person/flavius-sulpicianus/?

 

2 pensieri su “Quando l’impero romano fu venduto all’asta

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