Tutti ci siamo interrogati, almeno una volta nella nostra vita, sull’origine del nostro cognome: quando si è iniziato ad usarlo? Come e da cosa è nato?
Un breve excursus storico sull’onomastica potrà, forse, chiarire alcuni dubbi in merito.
Nel periodo romano arcaico, che sarebbe più corretto definire preromano, dal momento che Roma sarà fondata nel 753 a.C., le diverse comunità pastorali abitanti dei colli solevano chiamarsi semplicemente utilizzando un nome.
È stata probabilmente l’influenza etrusca a contribuire alla diffusione di una diversa e più complessa onomastica: nelle iscrizioni di questo popolo, infatti, non è raro ritrovare il nome gentilizio (quello della famiglia) insieme al nome personale, i quali, in età più tarda, erano accompagnati da un cognome, ossia un soprannome che identificava immediatamente la persona citata, dal patronimico e, talvolta, anche dal matronimico (elemento che ha lasciato supporre una società etrusca fortemente matriarcale, a differenza di quella romana).
Così erano strutturati, infatti, i “nomi” romani: dopo la fondazione della città, la popolazione cittadina, prima divisa in gruppi sociali differenti, ora riunita in un’unica compagine, volle identificare la persona in modo più chiaro ed immediato, evitando quindi fraintendimenti generati dall’omonimia.
Al nome personale, detto “prenome”, si aggiunse un cognome, chiamato “nomen”, che da quel momento in poi avrebbe indicato la gens, ossia il gruppo sociale di appartenenza, ai quali, a partire circa dal VII secolo a.C., si aggiunse un “cognomen”, particolarmente diffuso tra i patrizi, che in realtà altro non era che un soprannome, dato per individuare meglio la persona.
Sempre per il medesimo motivo, si aggiunse a volte un “supernomen”, ovvero un secondo soprannome, come ad esempio Publius Cornelius Scipio Africanus, l’ultimo elemento presente in quanto aveva combattuto valorosamente in Africa. Forse questa forma quadrinomica era eccessiva nella sua volontà di evitare l’omonimia; tant’è vero che, nelle più antiche famiglie dell’aristocrazia romana, si tornò con il tardo impero alla formula trinomica.
La diffusione del cristianesimo, avvenuta in misura sempre crescente nei secoli basso-imperiali (III – V secolo), aveva compiuto una nuova rivoluzione, un vero e proprio ritorno al punto di partenza: molti artigiani, mercanti, contadini convertiti vollero chiamarsi per umiltà con un solo nome che spesso era quello di un martire o di un apostolo. Successivamente, il deterioramento della vita sociale causato dalle invasioni barbariche, contribuì al processo di riduzione onomastica. E se talvolta nell’ambito di un villaggio capitava un caso di omonimia, lo si risolveva dicendo, ad esempio, che Marcus era figlio di Johannes.
Con la “rinascita basso-medievale”, quando lo sviluppo dei commerci cominciò a incrementare gli atti amministrativi e notarili, si ripropose il problema di individuare meglio i cittadini con un secondo nome. Nacque così, poco alla volta e in modo non sempre cosciente o generalizzato, il cognome moderno, usato ancora oggi. Il più semplice fu quello già adottato nella pratica quotidiana per distinguere due persone con lo stesso nome personale: si cominciò a scrivere Antonius filius Mauri; in seguito la dicitura “filius2 cadeva e restava Mauri.
Un’altra tipologia di cognome indicava la provenienza: Napolitano, Valle, Dal Borgo (negli atti indicati ovviamente in latino, per cui si ritrova, ad esempio “Iacobus de Burgo”).
Un terzo tipo, invece, s’ispirava al mestiere o alla professione, come Cavallari, Barbieri, Fabbri.
C’erano infine dei cognomi che erano in realtà soprannomi perché indicavano una caratteristica fisica o morale di una persona: Onesti, Zoppi, Rosso, Neri, Biondi, Gobbi. Si era tornati nuovamente alla formula binomica, molto spesso quasi per caso.
Una curiosità da sottolineare per quest’ultima categoria di cognomi riguarda i soprannomi affibiati, spesso in senso dispregiativo, a molte casate nobili: è il caso dei Pelavicino, una delle maggiori e più antiche casate feudali dell’Italia Settentrionale, e uno dei rami più fiorenti (insieme ai Malaspina e agli Estensi) dell’antichissima stirpe obertenga. Figlio di un marchese chiamato Alberto, il marchese Oberto I (morto nel 1148) venne detto, per la prima volta nella storia della dinastia, “Pelavicino”, soprannome tutto sommato neppure troppo scherzoso, in quanto riferito alla sua rapacità (condivisa peraltro da molti e propria del periodo storico). Fu chiamato “Pelavicino” anche Oberto II (m. 1269), nipote di Oberto I e figlio di un altro “Pelavicino” (m. 1217). Tale soprannome fu “naturalmente” (ossia per via più che altro “consuetudinaria”, essendo divenuto un termine utile ad identificare il casato) ereditato dai suoi discendenti, divenendo il cognome della famiglia nella forma Pallavicino (o Pallavicini) nel corso del periodo tardo imperiale e poi moderno.
Il cognome venne probabilmente modificato dallo stesso casato, per rendero meno “aggressivo” ed ampliare il consenso.
Un’altro cognome dall’origine curiosa è quello della già citata casata Malaspina: il primo a portare tale dicitura fu Alberto (morto nel 1140 e capostipite della famiglia), ed esiste una leggenda che rimanda alla nascita di un tale “soprannome”.
Un dipinto conservato nel castello del paese di Fosdinovo, in provincia di Massa Carrara, ne fa risalire l’origine all’anno 540, quando il nobile Accino Marzio vendicò la morte del padre sorprendendo il re dei Franchi Teodoboerto nel sonno e trafiggendolo alla gola con una spina. Il grido del re, “Ah! Mala spina!”, avrebbe quindi dato origine al cognome e al motto della famiglia, “Sum mala spina bonis, sum bona spina malis” (“Sono una spina che punge per i cattivi e che non punge per i buoni”).
Si potrebbero citare moltissime dinastie dai cognomi particolari, la cui storia risulta tuttavia troppo complessa per essere trattata in questa sede.
A titolo esemplificativo, si ricorda la famiglia Orsi (poi Orsini), Guastavillani e Boncompagni (che conta tra le sue file, nella prima età moderna, papa Gregorio XIII, morto nel 1585).
Articolo di Giulia Battistotti
Fonti:
http://www.centrostudilaruna.it/nella-babele-dei-nomi-e-cognomi.html
http://www.cognomix.it/come_nasce_un_cognome.php
http://www.castellodifosdinovo.it/ita/storia/
L. Provero, L’Italia dei poteri locali. Secoli X-XII, Roma, Carocci, 1998