Leon Battista Alberti: tra poliedricità e ingegno

Articolo di Lorenzo Naturale

Introduzione: il contesto culturale italiano del Quattrocento e Leon Battista Alberti.

L’Italia del Quattrocento visse un periodo di splendore: infatti, è proprio in quegli anni che si manifestano in tutto il loro splendore, originalità ed ingegno, l’Umanesimo ed il Rinascimento, fenomeni di grandezza e prestigio tale da essere ammirati in tutta Europa. L’Italia offrì un vastissimo numero di intellettuali, artisti e scienziati eccelsi; tra di questi non può non essere ricordato Leon Battista Alberti: egli è forse uno dei personaggi che meglio concretizza la cultura del periodo: figura poliedrica, egli è esperto in letteratura, diritto, matematica, economia, architettura. Più ricordato come architetto e teorico figurativo, è stato anche un importante letterato grazie all’originalità (e, spesso, anche contraddittorietà) delle sue idee. Ma da cosa deriva questa fortuna? Vediamolo assieme.

Leon Battista Alberti: un’essenziale biografia

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Ritratto di Leon Battista Alberti.

Dell’Alberti non sappiamo molto della sua vita: nato Battista Alberti a Genova il 18 febbraio 1404, egli è figlio di Lorenzo Alberti, mercante fiorentino in esilio e di Bianca Fieschi, appartenente ad una delle più nobile casate genovesi. Battista è figlio illegittimo (come il fratello minore Carlo) e questo graverà molto sulla sua vita futura; tuttavia, suo padre Lorenzo lo alleva con dedizione e amore. L’adolescenza è trascorsa nell’Italia settentrionale e caratterizzata da continui spostamenti in città quali Venezia e Padova; in quest’ultima tra, il 1415 e 1418, è allievo del prestigioso umanista Gasparino Barzizza, dall’insegnamento del quale otterrà una buona padronanza del latino; lo studio del greco, invece, avverrà solo più avanti e mai in maniera completa. Il 28 maggio 1421 il padre Lorenzo muore ed è in quel momento che il peso della sua illegittimità verrà a gravare sulla sua vita: è privato dell’eredità e ostacolato dal clan familiare (un clan fiorentino di mercanti) nella sua formazione letteraria. Si laurea dunque in Diritto canonico nel 1428 a Bologna; tuttavia, è molto colto anche riguardo gli studi e le materie scientifiche. Proprio nell’anno della sua laurea, il bando della sua famiglia da Firenze (avvenuto nel 1382 per motivi politici) è revocato; sebbene sia legato alla città, egli stesso affermerà: «Raro ci venni e poco ci dimorai». Dunque, (seppur è probabile che dopo la revoca del bando egli andò a Firenze per visitarla), intraprende la carriera ecclesiastica prima a Grado e poi a Roma, dove nel 1432 è nominato abbreviatore apostolico presso la cancelleria pontificia. Di cosa fece l’Alberti tra il 1428 ed il 1431, sappiamo poco. Tra il 1434 e 1444 egli si recherà a Firenze (1439) e nei suoi dintorni (era infatti in corso il Concilio di Firenze convocato da papa Martino V), continuando a seguire la Curia papale e a spostarsi nell’Italia centrale. Dal 1431, comunque, la sua dimora stabile è a Roma, dove tornerà nel 1443. Da quel momento in poi, le sue attività riguarderanno prevalentemente l’architettura e la teoria figurativa. Nel 1464 il Collegio degli Abbreviatori è soppresso; l’Alberti rimane a Roma vi rimarrà fino alla fine dei suoi giorni. Non si sa di preciso quando sia morto; tuttavia, sappiamo che il suo testamento è stato firmato il 19 aprile 1472: con tutta probabilità, morì qualche giorno dopo.

La fama d’architetto e l’originalità delle produzioni letterarie di Leon Battista Alberti.

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X libro del “De re aedificatoria”, stampa del 1541

L’Alberti è solito venire ricordato più come eccelso architetto che come letterato. Le sue opere parlano chiaro. Per citarne alcune: i lavori sul Tempio malatestiano a Rimini; la facciata di Santa Maria del Fiore ed il Palazzo Rucellai a Firenze; la chiesa di S. Sebastiano e la Basilica S. Andrea a Mantova. Le sue opere rispecchiano ciò da lui teorizzato nei vari saggi quali il “De Statua” (1434) e il “De Pictura” (1435); e, ovviamente, il capolavoro teorico architettonico-figurativo: il “De Re Aedificatoria”, scritto in più riprese tra il 1443 ed il 1451.

Tuttavia, sebbene all’epoca non godettero di grande fortuna, vale la pena citare alcune sue originali, provocatorie e contraddittorie opere letterarie.
La “Filodoxeos Fabula“, scritta in latino nel 1424 e rimaneggiata nel 1437, narra di Filodosso (cioè “amante della gloria”) e del suo amore per Gloria; il loro amore è però ostacolato da Fortunius. E’ una commedia che mette in scena gli ideali umanisti: il letterato virtuoso che si mette a disposizione del bene comune avrà la gloria. Vale la pena ricordare che quest’opera è una commedia umanistica, un genere innovativo per l’epoca: nel Medioevo il teatro e le rappresentazioni teatrali era state quasi completamente dimenticate, fatta eccezione per alcuni autori (che venivano generalmente letti e solo per alcuni testi) e per la rappresentazione di scene sacre tratte dalla Bibbia o dai Vangeli. Oltretutto, le commedie umanistiche erano in latino e scritte o per piacere personale o dai maestri per gli allievi, incaricandoli di rappresentarle e quindi di esercitare il loro latino. Sebbene non fosse la prima opera di periodo umanista che tentasse di recuperare la grande tradizione teatrale classica, spicca sicuramente come un’opera originale.
Una prima contraddizione degli ideali espressi nella Filodoxeos Fabula la abbiamo con il “De commodis litterarum atque incommodis”, cioè “I vantaggi e gli svantaggi di un letterato”. Scritto circa nel 1428, il piccolo trattato afferma che un uomo di lettere non si deve aspettare una vita facile, gioiosa e ricca; al contrario, quella del letterato è una vita meditativa, solitaria e con pochi piaceri. Le uniche soddisfazioni sono raggiungibile nel continuo e impegnato lavoro letterario in vita; La Gloria (intesa come prestigio e successo) spesso sarà solo postuma.
A questo punto non si può non citare l’opera più completa, originale e (purtroppo) anche più incompresa dell’Alberti: i “Libri della Famiglia”. Opera dialogica in volgare composta di 4 libri che narrano due giornate (ambientate nel 1421 nei giorni prossimi alla morte del padre Lorenzo), fu composta in circa 90 giorni (tardo 1433- inizio 1434) per quanto riguarda i primi tre libri; il quarto sarà aggiunto tra il 1436 ed il 1441. Protagonisti di questa opera sono il padre Lorenzo, Battista (alter-ego giovanile dell’autore), Lionardo, Giannozzo e Adovardo: Battista è curioso ed intelligente; Lionardo è giovane, molto colto ma con poco senso pratico; Giannozzo è anziano ed ha uno spiccato senso pratico; Adovardo è un uomo di mezza età con buone conoscenze letterarie e buona esperienza pratica. I quattro libri sono dunque un’opera di Umanesimo civile e pedagogico, oltre ad una riflessione sulla famiglia e sulle tematiche inerenti ad essa: pedagogia, matrimonio e convivenza, masserizia (economia familiare) e amicizie familiari. L’opera è scritta in volgare perché l’Alberti tenta di valorizzarlo e nobilitarlo; è un volgare che però lo stesso Alberti padroneggia con fatica, risultando molto latinizzato. L’opera non avrà successo e per le prime edizioni a stampa bisognerà aspettare il Settecento; le prime stampe saranno anche oggetto di numerosi errori. Le prime edizioni corrette e complete arriveranno solamente a metà dell’Ottocento.

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Facciata della Basilica di Santa Maria Novella, 2005.

Pure i trattati (il “De Pictura” e il “De Statua”) sono originali, anomali, rivoluzionari: sono scritti in latino; solo il De pictura avrà poi una traduzione in volgare. In un paradigma culturale che valorizza il latino per i grandi trattati e confina il volgare alla poesia, questo può risultare assolutamente normale. Tuttavia, l’originalità si coglie quando si ricorda che le arti figurative (di cui trattano queste due opere) sono considerate arti meccaniche, scientifiche e non intellettuali. Pittori e scultori vengono considerati artigiani per la loro formazione tecnico-scientifica e non intellettuali; lo stesso Leonardo si definisce “uomo senza lettere”. Da qui l’originalità di scrivere dei trattati sulle arti figurative valorizzandole tramite l’uso del latino, lingua colta d’eccellenza e associata alle arti liberali del trivio e del quadrivio.

Considerazioni finali sulla figura di Leon Battista Alberti.

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Statua dell’Alberti alle Gallerie degli Uffizi, Firenze, 2006.

L’Alberti risulta quindi una figura importantissima per la storia dell’Italia e un esempio dell’ingegno umano; un personaggio completo, innovativo e talvolta contraddittorio. Le sue conoscenze nelle più varie materie di studio lo rendono un’incarnazione ideale degli ideali umanisti, nei quali l’Uomo è una figura centrale e di riferimento per il sapere e l’ingegno ed è artefice del proprio destino.
Le sue opere letterarie rispecchiano poi le due grandi lacerazioni della sua vita: quella familiare e quella intellettuale. Soprattutto quest’ultima si evidenzia con l’oscillazione tra la virtù e la fortuna, tema centrale nelle sue opere. Virtù e fortuna sono da intendere con un’accezione diversa dal significato che oggi hanno: con “fortuna” s’intende il caso, l’imprevedibilità, l’inaspettato; con “virtù”, al contrario, s’intende l’iniziativa, l’intraprendenza dell’uomo nello sfidare e combattere la fortuna, che per l’Alberti si può sconfiggere proprio attraverso il ricorso alla virtù.
La valorizzazione del volgare non ha gli effetti sperati: purtroppo, i tempi non sono ancora maturi. Il volgare avrà preponderanza nelle grandi opere solo a partire dal Cinquecento, quando ormai il clima di prosperità ed equilibrio degli Stati italiani sarà pesantemente minato dalle Guerre d’Italia. Tuttavia, resta comunque da lodare l’audace tentativo proposto dall’Alberti. Analogamente, si può dire la stessa cosa per la valorizzazione attraverso il latino delle arti figurative; un tentativo di innalzamento intellettuale che va a buon fine. Inoltre, prevale l’aspetto razionalistico e matematico nella raffigurazione: la teorizzazione della prospettiva; gli studi sulle misure e sulle proporzioni; i concetti espressi nel “De re aedificatoria”, fanno intendere che l’universo non è un caso, non è disordine, non è irregolare: al contrario, tutto si esprime, colloca e regola nel mondo attraverso una precisa serie di proporzioni matematiche; e le stesse regole d’armonia e proporzione possono essere applicate alla produzione artistica e architettonica.

FONTI:

 

http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=62&biografia=Leon+Battista+Alberti

http://www.storiadellarte.com/biografie/alberti/alberti.htm

http://www.treccani.it/enciclopedia/leon-battista-alberti/

http://www.fondazioneleonbattistaalberti.it/

http://www.liberliber.it/online/autori/autori-a/leon-battista-alberti

http://cronologia.leonardo.it/storia/tabello/corr10.htm

http://www.treccani.it/enciclopedia/leon-battista-alberti_(Enciclopedia_dei_ragazzi)/

 

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